Come cambia la percezione della psicologia grazie ai social e al digitale? Ormai internet, i social.. tutti questi strumenti e mezzi sono all'ordine del giorno ma possono aiutare a ribaltare l'idea che andare dallo psicologo è sbagliato?
Oggi insieme alla Dottoressa Giulia Gregorini andiamo ad analizzare come questi strumenti possono essere un ponte per aiutare gli utenti ad empatizzare con la materia e riconoscere di poter aver bisogno di un aiuto concreto.
Quest'intervista è solo l'inizio di un grande progetto che va ad analizzare come dietro al digitale e ai social ci sono degli esseri umani.
La psicologia in questo senso è una delle materie che per prima e per ovvie ragioni mette al primo posto l'essere umano e con il digitale e i social, proprio in questo periodo, ha trovato un suo spazio nell'internet.
Parliamo quindi con la Dottoressa Giulia Gregorini per capire pro e contro di questi mezzi di comunicazione. Poche semplici domande su questo tema.
Ma prima.
Chi è la Dottoressa Giulia Gregorini?
Io sono Giulia Gregorini, sono una psicologa e psicoterapeuta e in particolare ho una formazione sistemico relazionale il che significa che lavoro gli individui con le coppie con le famiglie e al centro c’è la considerazione del malessere individuale come l’espressione di un significato anche relazionale. Quindi si parte dal presupposto di considerare la persona in connessione con la sua storia col suo contesto di vita con la sua famiglia. Lavoro sul territorio romano in contesti diversi e sono molto favorevole a partecipare a questo tipo di iniziative perché penso che sia importante che il mondo della psicologia della psicoterapia di avvicinamento verso le persone.
Prima domanda:
Quali sono i pro e contro del binomio Social e Psicologia?
È una cosa potenzialmente positiva perché permette di sensibilizzare le persone su temi come la salute psichica e quindi di rendere discutibile il tema grazie ad linguaggio accessibile con un pubblico eterogeneo. Certamente però bisogna stare molto attenti a come viene trasmesso il contenuto. Se da una parte è importante che chi fa la professione non resti chiuso nei propri studi di psicoterapia dall’altra parte è anche fondamentale che non venga svalutata questa professione
Seconda domanda:
La psicologia sui social viene quindi svalutata?
Io credo che sia molto rischioso proporre dei protocolli e delle soluzioni universali senza considerare la specificità di ogni situazione.
Quindi è importante fornire dei momenti o degli spunti di riflessione ma non suggerimenti eccessivamente pratici piuttosto che regole universali e generali che rischiano di non rappresentare la complessità che invece appartiene a questo mondo ma anche proprio al mondo interno delle persone.
Terza domanda:
Come immagini i social?
Il social io lo immagino sempre come un ponte che può avvicinare le persone a questo mondo. A volte ci si può fermare anche al social attraverso una maggiore conoscenza ed uno sguardo diverso nell’osservare alcune cose che poi riguardano la vita un po’ di tutti. Ma di fronte invece ad una sofferenza ed a una difficoltà è importante che sia proprio un ponte che aiuti la persona a chiederlo questo aiuto e soprattutto aiuti a maturare una sguardo collettivo che consideri la salute mentale importante quanto la salute fisica quanto la medicina.
Infatti i due aspetti non sono sconnessi ma anzi si influenzano vicendevolmente e fortemente.
Quarta domanda:
La psicologia è ancora un tabù?
Non c’è solamente un aspetto razionale e lineare ma spesso incide una difesa inconscia e una paura perché in fondo la psicologia e la psicoterapia sono degli strumenti che richiedono una messa in discussione ed uno sguardo verso di sé interno del proprio profondo, della propria storia e molte volte questo fa paura su un doppio livello.
Il primo livello è quello di affidarsi a qualcuno che non si conosce perché, anche se sulla carta è un professionista, è comunque qualcuno che non si conosce inizialmente.
Il secondo livello, è che noi tutti siamo un po’ spaventati dal cambiamento perché esso rappresenta qualcosa che non possiamo controllare. C’è sempre, difatti, molta ambivalenza in terapia perché da una parte c’è bisogno di aiuto e il desiderio di cambiare, mentre dall’altra parte c’è la paura.
Quinta domanda:
E tu dove sei online?
Attualmente scrivo per un magazine che si chiama Qui Salute ed è una rivista che si occupa della cura della persona a 360° quindi ci sono molti professionisti con diverse competenze coinvolte.
Scrivo, poi, per due blog che sono però della stessa gestione che sono mamme.it. e genitorialità.it che invece, come si può intuire dal nome, si occupano principalmente del tema sulla genitorialità che considero un campo fondamentale a proposito di prevenzione.
E poi collaboro anche con una realtà che si chiama NewCert dove in particolare curo una rubrica dove si affronta un tema attraverso un’intervista.
Infine scrivo anche per TalkCity, una realtà del territorio laziale, dove ogni settimana esce una rubrica in cui si approfondisce una tematica con una prospettiva psicologica rispetto ad eventi che avvengono nella regione Lazio.
Ringrazio fortemente la Dottoressa che si è prestata a questa piccola intervista che però ricopre e trasmette un grande valore.
Quest'intervista è stata sviluppata poco prima degli attuali episodi drammatici che ci toccano dal vivo in questo periodo storico.
Questa rubrica intende andare ad analizzare l'importanza dei social e del digitale attraverso gli occhi di un essere umano.
Voglio dimostrare che la comunicazione è necessaria ed utile all'uomo e non rappresenti un mero aggroviglio di numeri, metriche e guadagni.
Quest'intervista è solo un primo passo verso questo progetto.
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